Il giornalismo italiano perde uno dei nomi più noti della sua storia recente: è morto il giornalista e scrittore Eugenio Scalfari. Il fondatore del quotidiano La Repubblica e del settimanale L’Espresso aveva 98 anni ed è stato il primo direttore-manager dell’editoria italiana, lasciando un’impronta indelebile nel giornalismo per le sue aspre battaglie politiche e per le inchieste.
La giovinezza in Liguria
Scalfari è nato il 6 aprile 1924 a Civitavecchia, ma la giovinezza la passa a Sanremo, dove prende il diploma di liceo classico. Finito la prima parte di studi decide di fare l’università nella capitale: è a Roma infatti che si laurea in giurisprudenza.
La sua prima esperienza nel giornalismo arriva quando è ancora studente, all’interno del giornale Roma Fascista, dove diviene caporedattore. Viene però espulso per dissapori interni. Subito dopo la seconda guerra mondiale, insieme a Italo Calvino, suo compagno di banco al liceo, decide di fondare il Movimento universitario liberale. Nel 1947 inizia a lavorare per la Banca Nazionale del Lavoro e nel 1950 si sposa con Simonetta De Benedetti, figlia di Giulio De Benedetti, direttore de La Stampa.
Eugenio Scalfari e il giornalismo di battaglia
L’interesse per l giornalismo e la politica sono sempre andati di pari passo, come le sue frequentazioni. E’ così che inizia a collaborare con testate quali Il Mondo e L’Europeo, insieme a personaggi del calibro di Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti.
Il 1955 è l’anno della svolta: insieme ad altri intellettuali e giornalisti Eugenio Scalfari fonda il Partito Radicale e, nello stesso anno, diventa direttore de L’Espresso, di cui era direttore amministrativo e collaboratore per le pagine di economia. E’ con questa carica che pubblica inchieste che fanno epoca; come quella con cui svela l’esistenza del piano Solo del generale De Lorenzo, che avrebbe avuto l’obiettivo di destabilizzare la Repubblica italiana attraverso un vero e proprio colpo di Stato.
Come nasce il quaotidiano La Repubblica
Nel 1968 lascia la direzione de L’Espresso, e viene eletto alla Camera con il Psi. Qualche anno dopo matura in Scalfari l’idea che ci sia spazio, in Italia, per un quotidiano di sinistra fuori dal perimetro dei partiti. E’ un’iniziativa che raccoglie l’adesione di Carlo Caracciolo, editore dell’Espresso e della Mondadori. Il 14 gennaio 1976 l’avventura si concretizza; esce il primo numero del quotidiano La Repubblica. Tra i capitali a sostegno del progetto, ci sono quelli di Scalfari stesso. E’ il primo giornale, non di partito, che si schiera apertamente a sinistra, trascurando volutamente la cronaca e lo sport, introdotti solo a partire dal 1979.
E’ anche il primo quotidiano a uscire in formato tabloid ed ha in copertina le famose vignette di Giorgio Forattini. Eppure all’inizio il giornale stenta nelle vendite finché non decoll,a nel 1978, quando le Brigate Rosse fanno ritrovare una foto del presidente del Consiglio rapito Aldo Moro con in mano una copia di Repubblica. Da allora il numero di copie cresce continuamente, fino a diventare, a metà degli anni 80, il secondo quotidiano italiano.
La Repubblica di Scalfari si distingue nel panorama giornalistico per le sue battaglie politiche contro determinati esponenti della Dc prima del Psi poi, quindi di Forza Italia e del centrodestra. Celebri i duelli con Bettino Craxi negli anni 80 e con Silvio Berlusconi negli anni ‘90. Repubblica arriva in quel periodo a diventare il primo quotidiano italiano, per poi cedere lo scettro al Corriere della Sera. Nel 1996 Scalfari lascia la direzione del giornale ad Ezio Mauro, ma continua a scrivere i suoi lunghissimi editoriali della domenica. La sua carriera prosegue come intellettuale e scrittore, tanto che nel 2014, in occasione dei suoi 90 anni, esce allegato a Repubblica un’autobiografia.