Le ultime ore sono sempre le più convulse tra motti, proclami e corsa al consenso. Dallo scoccare della mezzanotte di sabato 24 settembre anche in Italia nessun politico potrà più aprir bocca per farsi pubbicità, almeno fino al termine dello scrutinio.
Nel giorno che precede il turno elettorale vige, infatti, il silenzio elettorale. Cosa è il silenzio elettorale? Si tratta di una misura che scatta dal giorno precedente all’apertura dei seggi. Quasi sempre ricade, dunque, nel sabato prima delle elezioni ed anche per le Politiche del 25 settembre sarà così. Questo divieto è stato introdotto in Italia per la prima volta il 4 aprile 1956.
Come funziona
Nel giorno di vigilia delle consultazioni sono banditi tutti i comportamenti tesi a propagandare una formazione politica o un candidato. Non si possono organizzare comizi in piazza, nè rilasciare dichiarazioni a organi di informazione. Non si possono, inoltre, affiggere manifesti elettorali in strada. Chi non rispetta tali divieti è passibile di una sanzione amministrativa.
A chiarire cosa è vietato nel giorno del silenzio elettorale, c’è l’articolo 9 della Legge 212/1956, relativo alle norme per la disciplina della propaganda elettorale. Il silenzio si applica non solo al giorno di vigilia, ma anche, ovviamente, a quello in cui i seggi sono aperti.
Il divieto riguarda la propaganda sia diretta che indiretta, l’organizzazione di eventi o comizi nei luoghi pubblici, la diffusione di volantini o giornali di propaganda e l’affissione di manifesti, e poster. Nei giorni del voto sono vietate tutte le forma di propaganda nel raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali. Chiunque viene sorpreso a violare tale normativa può essere punito con un’ammenda che va da un minimo di 103 euro ad un massimo di 1032.
Nel dicembre 1984, alla luce dell’esplosione dei canali televisivi, la disciplina è stata aggiornata dall’articolo 8 bis del decreto n. 807. Con questo articolo è vietata alle emittenti radiotelevisive la diffusione di propaganda elettorale: niente spot, interviste o qualsiasi tipo di linguaggio pubblicitario.
Sui social
Da 38 anni la disciplina non è stata aggiornata nonostante l’avvento prima di internet e poi dei social network. Una falla normativa che dà luogo a diverse interpretazioni.
Il silenzio elettorale era stato introdotto per consentire ai cittadini di scegliere in libertà e autonomia senza subire una propaganda spesso invasiva. Fino all’avvento dei social ciò era possibile. Ora con l’invasione di contenuti diventa molto arduo rispettare il silenzio.
Facebook ha provato con algoritmi a disciplinare tale situazione, ma si tratta di un tentativo. Peraltro è una decisione spontanea e non dettata da leggi attuali. Molti approfittando del vuoto legislativo per continuare a fare campagna elettorale, sfruttando i nuovi mezzi di comunicazione.
Sia nel 2019 che nel 2020 sono state proposte delle modifiche alla legge per aggiornarla secondo i nuovi standard, ma nessuno delle due è andata a buon fine. Al momento estitono solo delle linee guida date dall’Agcom e rese note alle Elezioni Europee del 2019.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha invitato a rispettare il silenzio elettorale anche sui social. La violazione del silenzio elettorale si configura, infatti, anche sui social alla luce di un’impostazione giudiziaria. La Corte di Cassazione ritiene, infatti, i social network alla stregua di un luogo pubblico e come tale soggetti agli stessi divieti.