Questa nuova settimana si apre con la ricorrenza della nona giornata mondiale contro la pena di morte, che annualmente cade il 10 ottobre. Nell’ultimo quinquennio c’è un discreto aumento dei Paesi che votano contro la pena capitale. Tuttavia sono ancora troppi gli Stati in cui si applica questa procedura barbara. La reclusione degli imputati deve essere motivo di rieducazione al valore etico della giustizia, dell’onestà e della vita. E in questo scenario non c’è posto per ulteriore sofferenza, che non media l’espiazione degli errori e degli oltraggi commessi.
Giornata mondiale contro la pena di morte: storia della coalizione istituzionale
Precisamente 15 anni fa – 26 settembre del 2007 – il Comitato dei Ministri del Consiglio Europeo, grazie al supporto dei suoi 47 Stati membri, diventa anello di congiunzione internazionale per la trasmissione e per la messa in atto di un messaggio universale, quello per il diritto alla vita. Lo status embrionale di questo progetto risiede nel rapporto stilato dalla Svizzera il 2 giugno del 1982. In questo testo si sanciscono i diritti dell’uomo che sono da preservare. Ciò è indice di continuità di quella tradizione che da sempre investe l’Europa di un ruolo imprescindibile nell’ambito umanitario per la protezione dei diritti umani, salvaguardando la politica per l’equilibrio e per la pace nel mondo.
Tale tema diventa più acceso nel 2014, durante la presidenza del consigliere federale Didier Burkhalter. In questa circostanza matura la strategia per l’abolizione della pena di morte nel mondo da parte del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Quest’organo competente delinea un piano d’azione che deve assicurare il raggiungimento dell’obiettivo a livello internazionale entro il 2025. Proprio perché è difficile confidare nella rimozione totale di questo “germe maligno” in un arco di tempo così breve, è importante mantenere attivo l’impegno su questo fronte.
Condanne capitali: Bielorussia, America e Arabia Saudita
Le iniziative di questa giornata mirano a promuovere il progresso etico e socio-politico in quegli Stati che ne sono ancora distanti. Basti pensare alla Bielorussia, unico neo dell’Europa che persiste nell’esecuzione della pena di morte. Essa è impiegata in maniera ordinaria secondo quanto stabilito dal codice penale, redatto nel 1991. Ancora, fila si trova l’America che predilige il ricorso all’iniezione letale, perché la reputa “più umanitaria” per il condannato. In realtà, questa sua procedura desta preoccupazioni in quanto accentuerebbe il rischio per il traffico illegale di organi. A detenere il record del ricorso alla pena di morte sono Cina e Arabia Saudita. Nel caso della Cina è difficile fare una stima delle vittime effettive, in quanto restano taciute tutte le condanne eseguite per volontà del segreto di Stato. Mentre per quanto riguarda l’Arabia Saudita con l’applicazione della Sharia è considerata il paese “boia” in assoluto.
Giornata mondiale contro la pena di morte: «non si educa alla vita … uccidendola»
Tutti dobbiamo essere promotori per l’abolizione della pena di morte. Cosa possiamo fare per non far trascorrere invano questa giornata e il suo significato? Leggiamo i libri che la storia ci tramanda attraverso i suoi figli. Essi, dai più lontani ai nostri contemporanei (come Cesare Beccaria, Primo Levi, Liliana Segre, etc.) per la difesa della vita hanno vissuto atrocità, marchiate come un tatuaggio sulla propria pelle. Immergiamoci nella visione di documentari e di film, diventiamo parte attiva delle associazioni (come Amnesty International, FIDH, PRI, etc.) che si prodigano per questa missione attraverso petizioni, dibattiti, concerti e manifestazioni di sensibilizzazione.
Si dovrebbe correre il rischio di salvare un colpevole a quello di uccidere una vita.

A che serve uccidere qualcuno che a sua volta ha ucciso?
La pena di morte non punisce la colpa, ma solo la carne. Dov’è la coscienza del condannato?
Finché ogni singolo essere umano è punito con l’uccisione non possiamo definire il nostro mondo giusto.
Non si educa con la morte, ma con l’esempio.